Escatologia
es-ca-to-lo-gì-a
Significato Riflessione teologica o filosofica sui destini ultimi dell’essere umano e dell’universo
Etimologia composto dal greco éskhata, ‘le cose ultime’, da éschatos, ‘ultimo’, e dal secondo elemento -logia ‘discorso, studio’.
- «Ha dei profondi interrogativi escatologici a cui comprensibilmente non trova risposta.»
Parola pubblicata il 15 Ottobre 2025
Parola alta se mai ve ne furono, questo è piuttosto evidente, che però non rappresenta qualcosa di astruso, anzi: le preoccupazioni riguardo ai destini ultimi, nostri e del mondo, sono estremamente a buon mercato. Non c’è quasi persona che non vi ronzi intorno, almeno a volte. Non stiamo parlando di un ‘come andrà a finire’ come gli altri, evenmenziale, da cronaca: ha una dimensione ontologica ed esistenziale, ma resta un luogo comune.
La formulazione del termine è felicemente poetica: s’incardina sul greco éskhata, letteralmente ‘le cose ultime’, o ‘le cose estreme’ (éschatos, è ‘ultimo, estremo’, cognato di quell’ek- che conosciamo come ‘fuori’ — l’ultimo è il più lontano, e praticamente ti guarda da oltre la soglia). Col secondo elemento ‘-logia’, l’escatologia si fa quindi riflessione, discorso sulle cose ultime. Alto, non ostico.
O meglio, tale è il nome, ma la materia in sé è enormemente ostica, essenzialmente perché i destini ultimi dell’umano e dell’universo non sono scopertissimi: intervengono studi, rivelazioni, speculazioni, e un sacco di discussioni. Che cosa c’è dopo la morte? Comporterà un premio, una pena? Un giudizio ci sarà, ci sarà la fine del mondo?
L’opportunità lessicale si fa ghiotta, specie se non conserviamo l’escatologia come questione di dottrina distante. Viaggiando possiamo apprendere con interesse la concezione escatologica di una religione locale; la chiacchiera a tavola, penetrando nella notte, vira piacevolmente sull’escatologico, con ciascuno che snocciola approdi arlecchino sulla vita e sulla morte; e ci accorgiamo di come il dibattito su una questione, pur pratica e contingente, si tinga di escatologia per via di certe considerazioni su futuri remoti e rendiconti morali.
Il tallone d’Achille di questa parola è la sua scarsa trasparenza. L’éschatos non ha una prosapia vasta né celebre (l’avevamo visto giusto nell’escatocollo, anche questa non proprio la parola che abbiamo in punta di lingua nel fare la spesa), e l’escatologia o si sa già che cos’è o mette in difficoltà.
Inoltre la scatologia (senza ‘e’) è invece la riflessione che ha ad oggetto gli escrementi (in greco skôr, skatós al genitivo): se non padroneggiamo gli elementi e il concetto dell’escatologia, il rischio di gaffe importanti s’impenna.
Diciamo che non è la più accessibile delle parole, né la meno elitaria. Ma d’altro canto, nonostante il buon mercato, il ragionamento sulle cose ultime non può avere un nome domestico come un’aia. Anch’esso deve stare un po’ fuori.