Polemica

po-lè-mi-ca

Significato Contrasto di opinioni; attacco, dura critica; contestazione pretestuosa

Etimologia da polemico, prestito dal francese polemique, recuperato dal greco polemikós ‘ostile, combattivo’, da pólemos ‘battaglia’.

  • «È partito con la solita polemica.»

Molte parole ci squadernano dei pericoli; a volte però le parole stesse, per il modo in cui sono usate, sono un pericolo. E lo vediamo molto bene, con ‘polemica’.

Il pedigree è limpido e sereno, per quanto possibile: da una celebre parola greca, pólemos, la battaglia, scaturisce il polemikós, che è ostile e combattivo (propriamente ‘del combattimento’). Con un recupero in francese, polemique, si arriva all’aggettivo italiano ‘polemico’, ciò che si pone in viva opposizione, e alla sua sostantivazione ‘polemica’.

La polemica è il contrasto accalorato, per quanto tutto di parole. Un contrasto di opinioni, una controversia viva, che consiste anche in attacchi duri e critiche aggressive. Messa così non è niente di male, è parte della vita consociata, ma non è generalmente giudicata in maniera positiva: s’intende che possa tendere al sofistico, al capzioso, al pretestuoso. Ma paradossalmente non è qui il problema della polemica.
Di sicuro è sempre aspra, batte e ribatte in maniera tagliente e con molti argomenti, in maniera radicale e tutt’altro che compassata. È un confronto battagliero e il problema è che… non ci piace che certe questioni siano oggetto di confronti battaglieri.

Alcune sì. Quelle che ci toccano, che ci interessano, quelle che crediamo meritino di essere affrontate con la veemenza che giustizia e urgenza impongono, sì. Ma queste non le chiamiamo polemiche. Su altre, quelle che ci scomodano o che anche solo non ci interessano, la rumorosa determinazione altrui può farci storcere il naso. E quelle le chiamiamo polemiche.
Così l’amministrazione invita a non fare inutili polemiche sulla decisione presa; l’esponente della fazione irride le polemiche sterili intorno al suo comportamento, che al solito si sollevano; e il titolare buba per le polemiche circa una situazione che lo avvantaggia. Non è detto affatto che siano polemiche prive di ragioni, ma così le liquidiamo al grado di abbaio, magari abbaio ideologico.

Non è detto che un confronto acceso — perfino aspro e bellicoso — sia una contestazione lunare, pretestuosa e fine a sé stessa. Il significato corrente di ‘polemica’, però, è diventato ‘contestazione che valuto fuori luogo, autoreferenziale, irragionevole, etc., essenzialmente perché non mi piace’.

Quando una parola viene pasticciata, quando viene strumentalizzata per screditare istanze a tappeto — «La tua è una polemica», «No, la tua è una polemica» — una buona idea è usarla meno, lasciarla a maggese. Anche le parole ne hanno bisogno. Tanto così serve a poco.
Il mondo delle parole, d’altro canto, è grande. Abbiamo altri modi per precisare la nostra idea riguardo a un dibattito, riguardo al sostegno di una posizione: possiamo parlare di censure ipocrite o pretestuose, possiamo parlare di diatribe interminabili, possiamo parlare di interventi aggressivi, addirittura ostili, di critiche automatiche, magari eterodirette — c’è un campionario sterminato. Possiamo perfino parlare di provocazioni gratuite e consunte, se vogliamo (ma anche qui, sulle provocazioni, è bene camminare coi ramponi).
Il pedigree greco non è garanzia di pensiero acuto. E anche le parole colte perdono il filo.

Parola pubblicata il 08 Ottobre 2025