Precarietà

pre-ca-rie-tà

Significato Caratterizzato da incertezza, instabilità, temporaneità

Etimologia da precario, voce dotta recuperata dal latino precàrius ‘concesso per favore, revocabile, malsicuro’, derivato di precari ‘supplicare’.

  • «È ancora una situazione in cui noto una certa precarietà.»

Le parole comuni, specie quelle che hanno in sorte di essere al centro di discorsi politici o comunque diffusi e correnti, corrono il rischio concreto di usurarsi, di opacizzarsi, di perdere smalto: l’uso stretto e continuo tende a scavare immagini solite, a involgerle in veli di soliti discorsi, e a far perdere il contatto con la verità prima del concetto.

La precarietà è emblematica: la consideriamo pragmaticamente come una condizione di incertezza, di instabilità, di temporaneità. E in questo senso pare avere poco mordente: le sorti del non definitivo possono essere le più differenti. Basti pensare all’eternità a cui accede il provvisorio — e comunque la qualità del temporaneo e dell’incerto sono comuni a ogni esperienza della vita, che pretesa sarebbe mai la non precarietà?

Il punto è che la precarietà, in realtà, è la condizione di ciò che è revocabile ad arbitrio altrui. Ce la dovremmo far suonare all’orecchio come pregarietà, per capirla bene: il precario è ottenuto supplicando, pregando, e quindi è ottenuto per grazia. Così si nota bene che si parla d’incertezza, sì, ma è un’incertezza molto particolare.

In diritto il bene che si ha in godimento a titolo precario può essere chiesto indietro in ogni momento; una situazione economica che si distingue per precarietà è malsicura nel senso che ogni minimo, arbitrario evento contrario può farla precipitare, e lo stesso si può dire di una salute precaria — e la precarietà di un equilibrio ha in genere questo carattere; un impiego precario non ha solo l’orizzonte stretto del temporaneo, o la mutevolezza del ballerino: la precarietà qui non è una semplice questione di variabilità e flessibilità — ha l’indegnità di ciò che si riceve per concessione, e che quindi non può che viaggiare su piani in cui stabilità e diritti, magari richiesti o addirittura pretesi, sono innanzitutto segni d’ingratitudine.

Questa prospettiva rende la precarietà (peraltro, attestata solo a Ottocento inoltrato) unica, fra le parole che le si avvicinano. Quelle imperniate sulla transitorietà, sui caratteri dell’effimero e del passeggero partono per la tangente dell’impermanenza; quelle imperniate sulla mancanza di equilibrio, dall’instabilità all’incertezza, non valorizzano la sua ombra di miseria.
Tenere presente la precarietà come condizione di ciò che si riceve per grazia, e sempre revocabile da fatti o volontà arbitrarie, riesce a farci tenere i piedi più a terra. Ogni cosa della vita è precaria — ma alcune è importante lo siano... meno.

Parola pubblicata il 11 Giugno 2025